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Il tempo sospeso

Il tempo sospeso

Stamattina mentre stiravo velocemente gli abiti da mettere per andare in ufficio, mi sono soffermata sui pensieri che la mia mente stava producendo in modo quasi automatico.

Per una improbabile serie di connessioni, sono finita a ricordare quanto tempo fosse passato dall’ultima volta in cui mi sono seduta a tavola in un ristorante, con amici, a chiacchierare in serenità.

La considerazione successiva è stata “non vedo l’ora che possa succedere di nuovo” e immediatamente mi sono trovata catapultata in una modalità di attesa.

Dovete sapere che il verbo “aspettare” è sempre stato problematico per me: il 2020, con maniere decisamente poco gentili, mi ha costretto a lavorare sulla pazienza, sull’accettazione di ciò che si manifesta, sul riconoscere che c’è un momento giusto per tutto e non sempre è quello che vorrei io.

Allo stesso tempo però mi ha insegnato a distinguere tra il saper attendere e il rimanere passivamente a guardare il tempo che scorre. Ed è proprio su questo che mi sono concentrata oggi quando mi sono resa conto che apparentemente non c’è nulla che io possa fare per accelerare il momento in cui tornerò a pranzare con i miei amici.

Il lavoro con il metodo 9talenti tra le altre cose mi ha portato in regalo una grande lucidità mentale, come se la mia energia non si disperdesse più in pensieri inutili, se non dannosi, ma fosse allenata a raggiungere il punto della questione nel minor tempo possibile. Ed è successo anche stamattina, con una precisione che a volte ancora mi lascia senza parole.

In pochi istanti ho realizzato come il tema di questi mesi non sia attendere passivamente ma utilizzare questo periodo sospeso per stare concentrati su noi stessi. Anzi per meglio dire centrati su noi stessi, godendo dei momenti che possiamo passare da soli.

Non sono impazzita e questo non è un elogio della solitudine in quanto tale ma un invito a usare bene la cosa più preziosa di cui possiamo disporre: il tempo.

La vecchia versione di me sarebbe profondamente arrabbiata di non poter fare qualcosa che desidera, a cominciare dal salire in autostrada e fare duecento chilometri per pranzare al mare con un’amica. Ovviamente sarò felicissima quando potrò farlo di nuovo e sono sicura che mi godrò il viaggio come faccio già ogni giorno nei miei quaranta chilometri tra casa e studio. Sono certa però che sarà una scelta di cui sono padrona fino in fondo, non un modo per impegnare una giornata di sole.

Una delle domande che mi sto facendo più spesso è proprio “perché?”. Ma non rivolto a ciò che io non sono in grado di controllare bensì a me stessa. Faccio questa cosa perché ne ho voglia? O perché ne ho bisogno? E se ne ho bisogno, perché?

I lunghi mesi tra l’autunno e l’inverno sono stati un allenamento intensivo a stare in contatto con me stessa, senza gradi alternative e con pochissimi diversivi piacevoli. Ma adesso, a distanza di tempo, ringrazio l’Universo di avermi messo in questa condizione: di solito con me è abbastanza strong e anche stavolta non si è smentito! Mi ha insegnato però a rendere il tempo di attesa un TEMPO DI TRASFORMAZIONE e, perdonatemi il gioco di parole, anche per questo ci vuole il suo tempo.

Lavorare con il metodo 9talenti e quindi con l’energia mi sta portando ad un equilibrio che non avevo mai conosciuto prima, nemmeno con anni di tanta teoria e tanti libri letti fino alla noia. Si, sono proprio io che dico queste cose: io che avrei voluto un libro con la soluzione per ognuno dei miei problemi. E invece la soluzione ero io, solo che mi cercavo nei posti sbagliati.

E adesso che mi sono trovata, ogni giorno che passa sono sempre più in grado di riconoscere le sensazioni che mi attraversano e il significato di ciò che accade, riconoscendo ciò che posso trasformare da ciò che devo vedere e riconoscere.

E anche quando i miei pensieri vanno dov’erano abituati ad andare prima, com’è accaduto stamattina, immediatamente riesco a riportarli nella direzione utile per me.

Sono diventata perfetta e infallibile? Noooo, assolutamente! E a dirla tutta, non è neanche quello l’obiettivo.

Ci sono ancora un sacco di gradini da salire e tanti altri orpelli ormai inutili da lasciare per strada.

Poi un giorno arriverà anche il momento in cui potrò tornare a salire su uno dei miei adorati aerei e magari attraversare di nuovo l’oceano. Non poterlo fare mi ha privato in questi mesi di una delle sensazioni che più amo in assoluto ma paradossalmente è forse la mancanza che mi ha insegnato di più.

Anche quello del volo era un tempo sospeso: nessuna interazione con il mondo circostante e tanto tempo da far trascorrere in solitudine. Eppure mi sentivo leggera, serena, viva.

Ecco, adesso non mi serve più salire a 35.000 piedi per sentirmi così né scappare lontano appena possibile, arrivando affannata e stanca in aeroporto.

Il prossimo viaggio, quando sarà, me lo godrò davvero.

 

Alessia della Family

 

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